I.4 – Concentrato di sapere 1, vibrazioni libere
I.5 – Vibrazioni indotte o “forzate”
I.8 – Concentrato di sapere 2, vibrazioni forzate
I.9 – Soluzioni a problemi di vibrazione
I.9.3 – Situazioni nelle quali conviene sentire un esperto
I.10 – Meno costi di manutenzione… monitorando vibrazioni?
II.2 – Effetti negativi ed utilità del rumore
II.4 – La percezione del suono
II.5 – Concentrato di sapere 3, il rumore
II.6.1 – Il deciBel (dB)
II.6.2 – Usare i decibel
II.6.3 – Aggiungere (sommare) sorgenti
II.6.4 – Togliere (sottrarre) sorgenti
II.7 – Propagazione del rumore
II.7.1 – Propagazione
II.7.2 – Riflessione
II.7.3 – Diffusione
II.7.4 – Diffrazione
II.8 – Soluzione ai problemi di rumore
II.8.1 – Distanza
II.8.2 – Assorbimento
II.8.3 – Barriere
II.8.4 – Cabine acustiche
II.8.5 – Rumore “psicologico”
INTRODUZIONE
Il signor Mario aveva un problema di rumore (o vibrazioni) e ha chiamato alcuni esperti. Quelli della “Categoria a”, hanno proposto soluzioni che sembravano sensate e a basso costo ed erano la maggioranza. Quelli della “Categoria b”, hanno offerto servizi incomprensibili e spesso più costosi. Il signor Rossi ha affidato il caso ad un operatore della “Categoria a”, chiunque lo avrebbe fatto!
Quando però la soluzione è stata realizzata, non sono stati raggiunti gli obiettivi! L’esperto ha fornito una serie di spiegazioni che sembravano sensate e ha convinto il cliente a spendere ulteriori soldi per risolvere una volta per tutte il problema. Così non è stato e il protagonista si è finalmente stufato e ha lasciato perdere. Il signor Mario ha chiamato conoscenti, colleghi e amici e tutti gli raccontano esperienze simili. conclude che “in questo campo, tutti sono ciarlatani”.
In realtà la maggioranza dei problemi in questo settore hanno una soluzione valida con costi ragionevoli e molti operatori del sono effettivamente esperti. Il mio scopo è insegnare come riconoscere i professionisti competenti e risolvere alcuni dei problemi più frequenti.
Ma… perché le soluzioni valide di rumore e vibrazioni spesso sembrano follie, frutto di menti contorte? La ragione è che sono processi dinamici e non statici come quelli ai quali siamo abituati. e questo fa una differenza enorme!
Vediamo lo schema della struttura industriale che segue, dove un compressore è su un ripiano, mentre una pompa si trova su una mensola a sbalzo, vicina:
Esempio “statico”:
se la mensola si piega perché la pompa è pesante, si rinforza la mensola. Il problema è risolto.
Esempio dinamico: se la mensola vibra molto e la si rinforza, è molto probabile che la vibrazione si intensifichi. Può anche succedere che inizi a vibrare un oggetto che prima non lo faceva. Spesso si usano materassini “antivibranti” fatti di gomma, ma vedremo più avanti che molte volte sono equivalenti a non mettere nulla!
Più avanti scopriremo perché succede ciò che ho spiegato nei due esempi (ma potete andarci subito se siete curiosi, facendo click qui).
Il rumore e le vibrazioni sono strettamente imparentati, sono fatti della stessa “pasta”: le leggi naturali che li governano sono le stesse, se si impara il comportamento delle vibrazioni, si impara anche quello del rumore.
Questo non è un libro di testo, non è matematicamente o fisicamente rigoroso, ho fatto parecchie semplificazioni. Si tratta di un manualetto pratico per capire il rumore e le vibrazioni, per poter parlare con gli esperti che parlano “ingegnerese” (e capire se sono in grado di risolvere i problemi) e ovviamente per risolvere alcune situazioni direttamente senza aiuto di altri.
CAPITOLO I – VIBRAZIONI
I.1 – Perché un corpo vibra?
Per effettuare una vibrazione, un corpo ha bisogno di almeno due proprietà fische e tutti i corpi le hanno, almeno in qualche misura: massa e rigidità. C’è sempre una terza caratteristica (ammortizzazione), ma di questa ne parliamo dopo. Tutti i corpi che vibrano possono essere rappresentati con il seguente schema, che raggruppa queste due proprietà:
La “scatola” rettangolare con la lettera “m” rappresenta la massa del corpo, mentre la molla con la lettera “k” rappresenta la rigidità. Questo schema ha il nome di “sistema massa-molla”.
Immaginiamo cosa succede al meccanismo quando, con la mano, tiriamo verso il basso la massa con una forza, per esempio, di 1 kg.La molla si allunga e cerca di riportare la massa alla sua posizione originale, lo fa con una forza uguale alla mano (1 kg). Il sistema resta fermo (statico) perché la forza della mano e della molla sono uguali e opposte. Anche un urto farebbe al caso nostro.
Appena la mano rilascia la massa, la forza della molla inizia a muoverla verso l’alto. La velocità della massa aumenta man mano che si avvicina verso la posizione dove si trovava prima che la mano la spostasse (posizione di equilibrio).
Quando raggiunge questa posizione, la forza della molla è pari a zero e non ci sono più forze sulla massa. Ma lei (la massa) si sta muovendo in velocità e non può fermarsi istantaneamente e, per inerzia, oltrepassa la posizione di equilibrio.Al di sopra della posizione di equilibrio, la molla inizia a spingere verso il basso, con una forza che aumenta sempre di più, fino a fermarla completamente. La massa si arresta nella posizione simmetrica a quella dove la mano la teneva all’inizio.
La massa resta ferma, però, soltanto per un istante: la forza della molla la accelera verso il basso, passando in velocità nella posizione di equilibrio, iniziando a frenarla progressivamente fino a quando la massa si ferma nella posizione iniziale.
Il sistema ha così compiuto un ciclo completo, che ha un’ampiezza “A” e un periodo “T”. Osservazione importante: se la massa è grande rispetto alla rigidità, il periodo sarà lungo e l’ampiezza grande. Viceversa, se la massa è piccola e la molla è robusta, il periodo sarà corto e l’ampiezza piccola.
Massa grande, rigidità piccola: poche oscillazioni al secondo, molto grandi
Massa piccola, rigidità alta: molte oscillazioni al secondo, molto piccole
I.2 – La Frequenza Naturale
Questo concetto è uno dei più importanti nello studio delle vibrazioni.
Il periodo è una grandezza fondamentale per comprendere le vibrazioni. La sua durata dipende dalla massa e rigidità (chiamate anche caratteristiche dinamiche) di ogni sistema e permette determinare la causa e soluzione di un problema di vibrazioni.Il periodo di oscillazione di macchinari e strutture simili è solitamente_corto, meno di un secondo. Nello studio delle vibrazioni non si usa esprimere il periodo, invece si contano quante oscillazioni compie il corpo in un secondo. A questa grandezza equivalente la si chiama frequenza e le sue unità tipiche sono cicli/secondo, o “Hertz” [Hz].
La frequenza (rappresentata con la lettera f) è una misura alternativa al periodo, ma in pratica esprime la stessa grandezza. Conoscendo il periodo si può calcolare la frequenza e viceversa, usando queste formule:
Osserviamo che, quando il periodo si fa più grande, la frequenza si fa più piccola e viceversa.
Esempio: lo schema in basso è di un corpo che compie 10 oscillazioni in un secondo e che quindi possiede:
- una frequenza di 10 [Hz]
- un periodo di
Vale a dire, compie un’oscillazione ogni decimo di secondo.
La frequenza alla quale vibrano liberamente i corpi, dopo che sono stati “eccitati” (per esempio la mano nel nostro esempio di prima), si chiama frequenza naturale, frequenza propria, ecc. e si rappresenta con le lettere fn.
Nel capitolo sulla risonanza vedremo cosa succede quando si obbliga un corpo a vibrare forzatamente a questa frequenza.
Da tenere a mente:
- Corpi quali strutture civili, telai di macchine, ecc. hanno generalmente frequenze naturali elevate, da 10 [Hz] in su.
- Corpi elastici, sospensioni e macchine montate su molle hanno frequenza naturali basse, solitamente da 1 a 10 [Hz]
Un consiglio: assicuratevi di aver capito bene il concetto di frequenza naturale, altrimenti sarà molto difficile capire il resto!!!
I.3 – L’ammortizzazione
Tornando al sistema M-K (massa-molla), che abbiamo eccitato tirandolo con la mano e rilasciandolo: sulla carta continuerebbe a muoversi in eterno, fino a quando qualcuno o qualcosa non lo fermerà. In realtà sappiamo che prima o poi il movimento si arresta. La ragione è che esiste una terza proprietà dei corpi, chiamata ammortizzazione:
L’Ammortizzazione o smorzamento “consuma” parte dell’energia ad ogni ciclo, trasformandola in calore. Ad ogni ciclo, la massa non raggiungerà gli estremi del ciclo precedente, ma si arresterà un po’ prima. Dopo diversi cicli, la massa si fermerà.
Questo fenomeno si deve agli attriti delle molecole che costituiscono la molla o all’attrito con corpi esterni al sistema (aria, acqua, olio). Può anche essere volutamente creato da appositi apparecchi chiamati ammortizzatori.
Questi attriti trasformano in calore parte dell’energia, sottraendola dal movimento e mandandola all’ambiente circostante.
La figura di sopra mostra come si presenta il nostro schema di corpo vibrante, che si chiama sistema massa-molla-ammortizzatore (sistema M-K-C).La capacità dell’ammortizzatore di smorzare il movimento si misura con la costante di smorzamento “C”, che si esprime con unità di [N/m/s], ovvero una forza per ogni incremento di velocità. Più è alta la velocità della massa, più alta sarà la forza che l’ammortizzatore farà su di essa.
Sappiamo già come si comporta il sistema quando si variano massa e rigidità. Vediamo ora cosa succede quando si varia l’ammortizzazione: Se aggiungiamo un ammortizzatore all’esempio della mano che disturba il sistema, vedremo che l’ampiezza del movimento diventa più piccola ad ogni ciclo, come nella figura successiva
Oltre alla diminuzione di ampiezza, il periodo diventa più lungo (quindi, la frequenza più bassa), rispetto allo stesso sistema senza ammortizzatore. Questo può essere spiegato pensando all’ammortizzatore come qualcosa che “frena” il movimento, facendo che questo proceda più lentamente.
I sistemi ammortizzati hanno una loro frequenza propria, che in questo caso prende il nome di frequenza ammortizzata o smorzata, rappresentata con le lettere fa. Se si incrementa molto l’ammortizzazione di un sistema, si raggiunge un punto nel quale questo non riesce più a fare neanche un’oscillazione completa, prima di fermarsi. Questo punto si chiama ammortizzazione critica.
Da tenere presente:l’ammortizzazione dei corpi tipicamente presenti nelle industrie è molto bassa, praticamente trascurabile, tranne che ci siano veri e propri ammortizzatori installati.
I.4 – Concentrato di sapere 1 – Vibrazioni libere
Tutti i corpi hanno massa, rigidità e ammortizzazione e possono vibrare.
- Ogni sistema ha una frequenza naturale che è una sorta di “firma”. Questa firma permette di determinare cause e soluzioni ai problemi di vibrazioni.
- I corpi o sistemi rigidi mostrano ampiezze generalmente piccole e frequenze alte, quando vengono eccitati (circa da 10 [Hz] in su).
- I corpi elastici o sistemi elastici hanno ampiezze grandi e frequenze basse, se li eccitiamo (meno di 10 [Hz]).
- Quando l’ammortizzazione è alta, la frequenza e l’ampiezza diminuiscono.
- L’ammortizzazione tipica dei corpi metallici è molto bassa, in pratica si può trascurare quasi sempre.
I.5 – Vibrazioni indotte o forzate
Nella sezione precedente abbiamo visto come si comporta un sistema o corpo quando viene eccitato e lasciato vibrare liberamente. ma cosa succede quando il corpo viene fatto vibrare forzatamente ad una determinata frequenza?
Ovvero, cosa succede se un sistema, la cui frequenza propria fn è 10 [Hz], proviamo a farlo muovere a 5 [Hz]? E cosa succede a 15 [Hz]? E… a 10 [Hz]???
Vedremo che i problemi di vibrazioni si manifestano più marcatamente quando un sistema viene eccitato ad una frequenza prossima a quella naturale.
Facciamo allora questa prova per capire il secondo concetto basilare nello studio delle vibrazioni: Si può fare un esperimento divertente: per dondolarsi in altalena, si muovono i piedi ritmicamente verso avanti e verso dietro, accompagnando il movimento.
Se lo facciamo con il ritmo giusto – la frequenza giusta – l’altalena dondola anche molto in alto e con poco sforzo. Se invece si prova a far dondolare più velocemente o più lentamente l’altalena, questa dà l’impressione di opporsi e può anche fermarsi. C’è una frequenza alla quale l’altalena sembra non opporre resistenza alla nostra eccitazione. Questa è uguale alla frequenza naturale del sistema.
Con la seconda parte dell’esperimento dimostreremo questo fatto. Per prima cosa, dobbiamo determinare il periodo di oscillazione del sistema formato dall’altalena e da noi che ci siamo seduti sopra: misuriamo con un orologio quanto tempo ci mettiamo a fare 10 oscillazioni complete (per esempio, da quando siamo nella posizione “tutto avanti” alla successiva volta che saremo nella stessa posizione).
Mentre facciamo la prova, dobbiamo dondolarci come lo abbiamo sempre fatto in passato, accompagnando il movimento. Calcoliamo il periodo di questa oscillazione, usando l’esempio che segue.
Immaginiamo di aver impiegato 28 secondi per fare le 10 oscillazioni, il periodo dell’oscillazione è:
La frequenza di questa oscillazione sarà dunque:
Fatto questo, saliamo di nuovo sull’altalena, diamo una spinta con i piedi nel pavimento e poi restiamo totalmente immobili, lasciando che l’altalena dondoli alla sua frequenza propria.
Misuriamo di nuovo quanto tempo ci mette l’altalena a realizzare 10 oscillazioni complete e confrontiamo il periodo naturale con il periodo forzato di prima. Vedremo che i due numeri sono molto simili. La differenza numerica che eventualmente troveremo sarà grande se:
- C’era vento durante le prove
- Stavamo dondolando molto in alto (meglio fare dondolii con ampiezza piccola)
- Errore nel misurare il tempo, leggendo l’orologio o fermando il cronometro.
Abbiamo appena dimostrato (e tastato con mano) un fatto base delle vibrazioni: se il sistema si eccita alla frequenza naturale, questo si oppone minimamente al movimento e si raggiungono ampiezze elevate con pochissimo sforzo.Questo è il fenomeno della risonanza, che spiegheremo in dettaglio nel prossimo capitolo.
Ragioniamo per un momento agli effetti di un’eccitazione molto intensa e vicina alla frequenza naturale: in questo caso si possono avere effetti distruttivi sui sistemi.
Quest’esperienza si può ripetere con molti altri oggetti della vita di tutti i giorni, per esempio, l’automobile: Stando in piedi di fianco ad un’auto, spingiamola ritmicamente verso il lato (il punto migliore è il bordo del tetto).
Variando la frequenza con la quale spingiamo, otterremo un’ampiezza di vibrazione diversa e sentiremo una resistenza diversa. Sarà molto facile vedere che:
- Se eccitiamo a frequenze molto alte o molto basse, sentiremo una resistenza alta (si deve fare più fatica) e l’ampiezza sarà piccola.
- Eccitando circa una o 2 volte al secondo (1-2 [Hz]), si farà poca fatica e le ampiezze saranno le maggiori possibili.
Anche in questo caso, c’è una frequenza alla quale il movimento è facilitato ed è proprio la frequenza naturale. Questa frequenza alla quale si ha la minore resistenza e maggiore ampiezza è proprio la frequenza naturale fn del sistema (la frequenza ammortizzata fa, se l’ammortizzazione è importante).
I.6 – La Risonanza
Ah, la risonanza. Uno dei concetti meno compresi e più abusati quando si parla di vibrazioni! Vediamo cosa veramente è:
Quando un sistema viene eccitato alla sua frequenza naturale (o frequenza ammortizzata), si ha il fenomeno della risonanza.
La risonanza può essere estremamente utile (come nell’altalena), ma anche estremamente distruttiva, nel caso di una struttura o di un macchinario.
La pericolosità risiede nel fatto che l’ampiezza può diventare molto grande anche se le forze di eccitazione sono molto piccole. Allo stesso tempo, la forza trasmessa agli ancoraggi e al sistema diventa estremamente elevata. Accelerare un motore dal riposo fino alla velocità operativa, può fare attraversare una o più zone di risonanza. L’operazione continua in risonanza porta spesso a cedimenti strutturali o dei componenti. Ecco perché è estremamente importante capire e gestire correttamente questo fenomeno.
Si può fare un grafico di come si comporta un sistema, in presenza di eccitazioni di diversa frequenza:
Nell’asse orizzontale troviamo la frequenza alla quale si eccita il sistema. Vediamo che l’ampiezza aumenta assieme alla frequenza fino alla frequenza naturale. ma poi diminuisce!
Ritornando all’esempio dell’altalena:
- Se cerchiamo di dondolarci troppo lentamente, ci troviamo alla sinistra del picco o risonanza, l’altalena oscilla poco e si fa più fatica.
- Se proviamo ad eccitare troppo velocemente l’altalena, ci troviamo alla destra della risonanza e la situazione è come nel punto precedente.
- Senza accorgercene e in maniera istintiva, solitamente ci si dondola a frequenze molto prossime a quella di risonanza, perché si ha la minore resistenza.
Quest’osservazione è molto importante: l’ampiezza aumenta fino a raggiungere la risonanza, dopodiché diminuisce. Questo fenomeno sta alla base di molte scelte sbagliate quando si cerca di abbattere vibrazioni indesiderate.
Ecco una situazione tipica, spiegata con un esempio: Si deve aumentare la produzione di un macchinario che va a 900 giri/min, portandolo a 1800 giri/min. Mentre si aumenta progressivamente la sua velocità, a circa 1100 giri/min, il macchinario inizia a vibrare fortemente. Per precauzione si torna alla velocità originale e si compra un secondo macchinario, a caro prezzo.
Questa è la soluzione intuitiva, ma esiste una più furba! Con ciò che abbiamo visto prima sappiamo che possiamo aumentare ancora la velocità e tornare allo stesso livello di vibrazioni iniziale.
Con questa tecnica otterremo un incremento di produzione TOTALMENTE GRATIS! Il grafico successivo descrive la situazione.
Si può addirittura aumentare ancora la velocità ottenendo vibrazioni più basse rispetto a quelle originali!
Questa tecnica non sempre è fattibile, perché la nuova velocità di operazione potrebbe disturbare un altro sistema vicino, oppure potrebbe logorare eccessivamente i componenti delle macchine. Molte volte invece è ciò che deve essere fatto.
Per concludere, vediamo cosa succede ad un sistema quando l’ammortizzazione aumenta o diminuisce (fig. successiva):
- Quando l’ammortizzazione è molto piccola, l’ampiezza in prossimità della risonanza diventa elevatissima (linea tratteggiata).
- Più alta è l’ammortizzazione, l’ampiezza diminuisce, come mostrano, nell’ordine, le linee blu, viola gialla e verde, le quali corrispondono ad ammortizzazioni sempre più alte.
- Se si aumenta moltissimo l’ammortizzazione, il sistema non oscilla più e non ha una risonanza(linea azzurra).
- Se si aumenta l’ammortizzazione di un sistema, la frequenza alla quale si raggiunge la risonanza diventerà più bassa (vedi linea puntinata che unisce tutti i picchi o risonanze).
I.7 – Causa delle vibrazioni
Quando un corpo vibra in eccesso, lo può fare per causa propria o per cause esterne. Si dice che l’eccitazione è interna – come nell’esempio del macchinario al quale abbiamo aumentato la velocità di operazione – oppure esterna.
Un esempio di eccitazione esterna: una pompa è montata su una piattaforma a mensola. Vicino alla pompa c’è un compressore. La pompa non vibra quando è in funzione, ma quando il compressore si accende la pompa vibra fortemente. Come mai?
Analizziamo la situazione, con il seguente schema della pompa, mensola e compressore:
Dando una martellata sulla mensola e misurando con strumenti apposita, è stata determinata la frequenza propria del sistema pompa-mensola. Inoltre, la velocità di funzionamento della pompa (frequenza forzante) è tale che non è prossima alla risonanza, come si mostra nel grafico.
Scopriamo, sempre con gli strumenti, che il compressore ha una frequenza di lavoro molto vicina alla frequenza naturale del nostro sistema. Ecco che quando questo funziona, la pompa e la mensola vibrano intensamente. Il compressore eccita esternamente la pompa!
Questa è una situazione ricorrente negli impianti: si da la colpa alla macchina che vibra, quando invece lei è “vittima”. Con una diagnosi sbagliata, qualunque soluzione implementata porterà a risultati insufficienti o nulli e costi inutili.
Si devono sempre prendere in considerazione effetti esterni. La migliore cosa da fare è spegnere tutte le apparecchiature vicine, per escludere che la vibrazione sia causata da elementi diversi dall’oggetto che vibra. Quando questo non può essere fatto, deve essere contattato l’esperto che può realizzare un analisi strumentale per determinare la provenienza delle vibrazioni, con molte macchine funzionando allo stesso tempo.
Un particolare molto importante è il principio di sovrapposizione: in pratica nessuna vibrazione è composta da una unica causa. Se ci sono due o più macchine, l’idea è ovvia: la vibrazione risultante sarà l’effetto combinato di emntrambe.
Ma anche se c’è soltanto una macchina che fa vibrare una struttura, all’interno di questa macchina vi sono diversi meccanismi, parti in movimento, fluidi, ecc. Ogni uno eccita la struttura ad una frequenza ed intensità diversa, creando una risposta che sarà la somma (sovrapposizione) di tutti questi effetti.
I.8 – Concentrato di sapere 2 – Vibrazioni Forzate
- I sistemi meccanici vibrano quando una forza li eccita. Questa forza può essere interna al sistema oppure può provenire dall’esterno.
- L’ampiezza di vibrazione di un sistema dipende dalla frequenza di eccitazione.
- Quando l’eccitazione è vicina alla frequenza naturale di un sistema, questo vibra in maniera molto violenta e si ha la risonanza.
- Per ridurre l’ampiezza di vibrazione si può:
- Diminuire oppure aumentare la frequenza di eccitazione, purché la frequenza finale sia quanto più lontana possibile da quella di risonanza.
- Aumentare l’ammortizzazione del sistema (più avanti vedremo come farlo).
- La diagnosi di un problema di vibrazioni deve considerare tutte le possibili eccitazioni, interne e/o esterne.
I.9 – Soluzione ai problemi di vibrazione
Nella maggioranza dei casi, per risolvere un problema di vibrazioni vi sono tre punti di azione e tre possibili azioni. Ci sono anche situazioni nelle quali conviene non arrangiarsi e chiamare il tecnico.
I.9.1 – Soluzione ai problemi di vibrazione – POSIZIONI
Punto di azione I: Sorgente
In via di massima è la miglior posizione, perché in questa maniera si eliminano problemi attuali e futuri, vicini e lontani. Molte volte però non è possibile, facile o conveniente mettere mano alla macchina o impianto che crea il disturbo.
Punto di azione II: Ricevitore
Può essere catalogata la seconda miglior posizione, ma se vi sono molti ricevitori in punti diversi, questa sarà una strada complicata e costosa. Inoltre, se in futuro si spostail ricevitore o se ne si aggiungono altri si dovrà agire nuovamente.
Punto di azione III: Percorso tra sorgente e ricevitore
E’ quella solitamente meno efficace e più difficile da gestire, specialmente se la distanza tra sorgente e ricevitore è grande. Immaginando la sorgente al centro di un cerchio di propagazione del disturbo, vediamo che più ci si allontana da questa, più lunga è la zona dove si deve agire per eliminare completamente il disturbo. Se si sceglie di agire soltanto sulla parte del perimetro prossima al ricevitore, esiste il rischio che il disturbo aggiri lo sbarramento.
Molte volte però questa è l’unica via possibile d’intervento, quindi conviene studiarla bene per poter applicarla in maniera efficace.
Per determinare in quale punto agire si devono prendere in considerazione fattori quali:
- Il punto è facilmente accessibile?
- C’è spazio a sufficienza per gli isolatori, ammortizzatori o nuovi supporti?
- Si possono fare modifiche?
I.9.2 – Soluzione ai problemi di vibrazione – TECNICHE
Tecnica I: Variare la frequenza di eccitazione
Questa tecnica è la più semplice, si cambia la velocità alla quale funziona la macchina e, se la variazione è sufficientemente grande, si esce dalla zona ad alta ampiezza.
Ricordate che si può diminuire ma anche aumentare la velocità, facendo prove si può determinare se si è prima o dopo la risonanza e decidere cosa conviene fare. Alcune volte non è possibile cambiare la frequenza per ragioni di processo, meccaniche o elettriche. In questi casi si può optare per la Tecnica II.
Tecnica II: Isolamenti:
Si tratta di montare emettitore o ricevitore su una sospensione elastica, un assieme di molle ed ammortizzatori che ammorbidisca il movimento. Questo assieme si chiama tecnicamente sospensione.
Questa è forse la tecnica più efficace, ma deve esserci sufficiente spazio per implementarla. L’altro vantaggio di questa tecnica è che non si devono modificare internamente i macchinari.
Se volete iniziare subito ad affrontare il problema, andate a questa pagina che vi guiderà passo dopo passo
Se invece volete farlo voi stessi, continuate a leggere
Il concetto sfrutta quanto abbiamo imparato prima: se l’eccitazione ha una frequenza maggiore della risonanza, l’ampiezza e la forza trasmessa diminuiscono. Il grafico successivo (ampiezza rispetto alla frequenza di eccitazione), vediamo che la diminuzione è molto marcata se la frequenza forzante è almeno 3 volte più alta di quella di risonanza.
Quando la frequenza disturbante è almeno tre volte maggiore a quella della sospensione, la forza trasmessa si riduce di oltre il 75%! Tenete a mente questo concetto.
Prima di spiegare cosa fare, vediamo un sempio che conosciamo tutti: La cabina di un’automobile è montata su di una sospensione che la isola dal pavimento, rendendo il viaggio molto più confortevole.
Possiamo immagginare la sospensione di un’automobile come una serie di masse, di molle e di ammortizzatori. Analizziamo questo sistema che usiamo tutti i giorni:
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- Lo pneumatico, essendo praticamente un palloncino gonfiato, è elastico e può essere considerato una molla.
- Il cerchione e lo pneumatico assieme hanno una determinata massa (mr).
- Anche la cabina ha una massa (mc), la più grande di tutto il sistema.
- Tra cabina e ruota ci sono dei molloni (k) e degli ammortizzatori (c).
ATTENZIONE: non si devono confondere le molle con gli ammortizzatori. Entrambi sono oggetti diversi e hanno funzionamenti e scopi diversi. La molla è un oggetto solitamente a forma di spirale (ci sono molle anche di altre forme) e il suo scopo è quello di essere elastico, ma non di frenare il movimento. L’ammortizzatore è un oggetto cilindrico il cui scopo è dissipare energia in forma di calore, una sorta di freno. Infatti, dopo qualche minuto di guida gli ammortizzatori si scaldano e, se il terreno è sconnesso, diventano anche molto caldi, superando pure i 100ºC.
L’utilità dell’ammortizzatore è doppia:
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- diminuisce l’ampiezza di vibrazione, per esempio quando si prende una buca o un dosso.
- fa oscillare meno volte possibile la cabina dopo essere passati sopra la buca o il dosso. Senza l’ammortizzatore o con ammortizzatori rovinati, la cabina continua ad andare su e giù. rischiando di far venire il mal di mare agli occupanti.
Pensiamo a cosa succederebbe stando seduti in un’automobile senza sospensione: il viaggio sarebbe durissimo, si sentirebbero tutte le imperfezioni della strada e dopo pochi km saremmo stanchissimi e storditi. Nella stesa maniera, dotando una sorgente o un ricevitore di sospensione lo si isola, diminuendo gli effetti negativi delle vibrazioni e risolvendo il problema!
A questo punto mi preme sfatare un mito urbano, quello dei materassini o tamponi antivibranti in gomma. Hanno utilità per diminuire rumori metallici e alcuni urti, ma sono molto limitati per l’abbattimento delle vibrazioni. La ragione è che sono troppo “duri” (rigidi) e quindi non abbassano sufficientemente la frequenza propria del sistema.
In generale, un esperto che dice che tutto si risolve con tamponi o materassini non dice tutta la verità. Per questa tecnica, la scelta delle molle e degli ammortizzatori è di primordiale importanza e deve essere fatta con molta attenzione, perché
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- Se la sospensione è troppo dura, sarà inutile (per esempio usando materassibi e tamponi).
- Se il sistema composto da sospensione e macchinario che vibra (o il ricevitore) hanno una risonanza uguale a quella dell’eccitazione, si avranno problemi più grandi di quelli attuali!
Di seguito troverete una “ricetta” per selezionare molle e ammortizzatori adatte ad una sospensione. Con calcolatrice e alcuni dati determinati sul posto si può raggiungere un risultato di ottimo livello, purché i dati di partenza siano accurati entro un 10% massimo.
Se volete evitare i calcoli andate a questa pagina, che vi guiderà passo dopo passo
Ecco la “ricetta”… prendete carta, matita e gomma, un caffè e mettetevi comodi, perché sarà un po’ laboriosa:
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- Determinare la causa delle vibrazioni. Applicate i criteri spiegati nella parte dedicata alla provenienza delle vibrazioni.Solitamente sono le masse che girano, le giranti dei ventilatori, delle pompe e dei compressori oppure i motori stessi.
- Verificare che ciò che si vuole isolare può essere “sospeso”. Una volta installata la sospensione, è possibile che il sistema oscilli un po’ più di prima ed è necessario prevedere questo movimento. Se ci sono tubi, cavi o altri elementi, questi dovranno essere resi flessibili, per esempio usando tubi di gomma, cavi speciali per posa mobile e soffietti (giunti elastici).
- Determinare la massa di ciò che si vuole isolare (può essere una sorgente o un ricevitore). Questo passaggio è molto importante: se la massa è sbagliata il risultato potrebbe essere nullo o addirittura catastrofico. Annotare la massa “m” in [kg].
- Determinare quale è la frequenza forzante, che solitamente è la velocità delle giranti. Questo passaggio può essere complicato se ci sono molte sorgenti e molti organi in movimento. Se invece è facile determinare la velocità di rotazione, si usa la seguente formula per convertire i “giri al minuto” in [Hz]. N deve essere espresso in “giri al minuto”, [min-1] oppure [rpm].
- Calcolare la costante elastica delle molle da impiegare nelle sospensioni, con questa formula: “f” deve essere in [Hz] (usando la formula del punto 4) e “m” deve essere in [kg] (v. punto 3). Se si usano unità di misura diverse (grammi, libbre), la formula non funziona e porterà a errori pericolosi.
- Determinare le “posizioni” dove verranno installate le molle:
- A seconda della forma e dimensioni di ciò che si deve isolare, si devono distribuire le molle in maniera che il peso sia supportato omogeneamente.
- La minima larghezza del supporto dove agiranno le molle deve misurare almeno il doppio dell’altezza del sistema da isolare.
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- Nell’immagine di sopra, non si può rispettare questa regola, quindi la molle sono state spostate in alto con delle colonne.
Cosa può essere isolato?
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- Pompe, compressori, ventilatori
- Condizionatori e caldaie
- Centrifughe
- Motori elettrici e a scoppio
- Turbine
- Abitazioni, box
- Macchinari pesanti e leggeri
Alcuni avvertimenti e precauzioni:
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- Se si sta isolando una sorgente che inizialmente si trovava ancorata in maniera rigida (perni, saldatura, ecc.), questa vibrerà dopo l’installazione della sospensione. Questa vibrazione può diventare anche grande, se la forza di eccitazione è importante.
- Se si sta isolando un ricevitore, si deve tenere presente il transito delle persone, mezzi di manovra, carico e scarico del materiale, sulla sospensione.
- Se dubitate dei dati ottenuti oppure se è possibile che le forze siano molto più alte di quanto sembrano, conviene cercare un parere esperto. A questo punto saprete giudicare se la persona che contatterete è veramente brava o no.
Tecnica III: Variare M, K o C nel sistema
Questa può essere la tecnica più complicata di tutte. Si tratta di effettuare cambiamenti all’interno della sorgente o ricevitore per aumentare o diminuire massa, rigidità e/o ammortizzazione.
Cambiare molle esistenti, correggere sbilanciamenti e disallineamenti, aumentare la quantità degli ammortizzatori esistenti, modificare gli organi delle machine, sono esempi di ciò che si può fare per ottenere migliorie.
In generale, sono azioni che può fare chi conosce molto bene internamente la macchina da modificare, quindi il fabbricante o un utilizzatore molto esperto.
Senza una guida esperta, non è prudente agire su questo campo e conviene chiamare lo specialista, ma con quanto avete imparato sarete in grado di valutare i candidati esperti.
I.9.3 – Soluzione ai problemi di vibrazione – QUANDO CHIAMARE l’ESPERTO
In presenza di una qualunque di queste situazioni è meglio farsi assistere da un professionisita. Sfruttate quanto avete imparato per capire se chi sta dall’altra parte del telefono o della mail è un vero esperto e otterrete esattamente ciò che vi serve!
- La quantità di sorgenti è grande e non si possono spegnere tutte tranne una (a turno), per capire quale è la causa del problema.
- Vi sono molti ricevitori in punti diversi o distanti.
- Il sistema da proteggere o aggiustare è molto complesso, con dimensioni notevoli, con molti ancoraggi oppure con entrata e uscita di liquidi, gas, solidi, cavi elettrici, ecc.
- Si tratta di strutture dove le persone devono transitare o sostare.
- Il costo di ciò che si vuole proteggere o aggiustare è notevole e si vogliono garanzie tangibili di riuscita.
- Il danno che può creare usa soluzione sbagliata è notevole.
I.10 – Meno costi di manutenzione misurando le vibrazioni
Questa è una applicazione molto interessante delle vibrazioni, con dei vantaggi che sembrano fantascienza: si può conoscere lo stato delle parti interne di una macchina senza smontarla né fermarla, soltanto misurando e monitorando le vibrazioni.
Come abbiamo imparato, ogni sistema vibrante ha una sua “firma, perché la frequenza di eccitazione, unita alla risonanza determinano una risposta specifica.
Visto che tutti i corpi sono dotati di rigidità, massa e ammortizzazione in qualche misura, tutti i corpi vibrano, quando sono sottoposti a eccitazioni.
Un cuscinetto rovinato, un albero piegato, un ancoraggio rotto, un ingranaggio scheggiato. tutti, esercitano una eccitazione sulla macchina che li contiene e sulle strutture ad essa collegate.
Usando metodi IOT compatibili con industria 4.0 e metodi di analisi speciali, si possono individuare queste “firme” e fare diagnosi di condizione degli organi interni alle macchine, senza neanche fermarle.
Questo metodo è molto utile per evitare di fare manutenzione inutile, fermando la produzione, smontando inutilmente le macchine o cambiando pezzi in buono stato.
Se si monitorano in maniera periodica le vibrazioni di un macchinario e si osserva la tendenza, si può fare una predizione molto accurata di quando un componente specifico raggiungerà la soglia di sostituzione.
In questa maniera si può programmare la manutenzione esattamente quando serve: né troppo presto, né troppo tardi!
Una volta, questi metodo erano molto costosi e riservati soltanto ad alcune macchine molto critiche: turbine d’aereo, grossi impianti produttivi, ecc.
Con l’avanzamento della tecnica, i costi di questi servizi e delle apparecchiature necessarie sono scesi in maniera molto notevole e possono essere sfruttati dalla piccola e media industria.
Qui potrete trovare maggiori informazioni.
CAPITOLO II – RUMORE
II.1 – Cosa è il rumore?
Nei libri di testo si trovano definizioni più o meno complesse, ma ai fini di questo libro – e ad ogni fine pratico – possiamo dire che:
Il rumore è un suono sgradevole e/o pericoloso. |
Con questo in mente, si possono raggruppare i problemi legati al rumore in due categorie:
Problemi “legali”: rumori che hanno oltrepassato le soglie legalmente consentite. Ci sono tipicamente due ambiti:
- Occupazionale (luoghi di lavoro): i limiti sono pensati prevalentemente per tutelare la salute e la sicurezza delle persone.
- Ambientale (luoghi non-lavorativi): le soglie legali sono pensate per tutelare principalmente il comfort, ma tengono conto anche della salute psicologica.
E’ importante determinare bene in quale caso ricade un determinato problema, al fine di identificare gli obiettivi ai quali si deve arrivare.
I problemi “legali” sono i più semplici da inquadrare, in quanto vi sono precisi limiti da rispettare. Non voglio dire che siano facili da risolvere, molte volte sono necessarie tecniche speciali e costose, ma gli obiettivi da raggiungere sono chiaramente disposti nelle leggi. Sta nella bravura dell’esperto trovare la soluzione meno costosa.
Problemi “soggettivi”: sono quelli che si generano quando non si oltrepassano i limiti legali, pur essendoci un effettivo disturbo acustico. Questi casi sono quelli più complicati da risolvere, perché i limiti non sono scritti.
Conviene spiegare il punto con due esempi:
Esempio 1: un lavandino che goccia può diventare insopportabile, pur avendo un livello di rumore quasi impercettibile. Qui la migliore soluzione è – ovviamente – chiamare l’idraulico, non l’acustico!
Esempio 2: un concerto rock a tutto volume è piacevole per chi lo ascolta, ma per i vicini della discoteca dove si tiene il concerto, si tratta di rumore che disturba.
Cosa succede se il rumore della discoteca oltrepassa di poco il limite legale consentito? Basta che la discoteca diminuisca un po’ il volume e il rumore cessa di esistere, legalmente parlando! E’ quasi scontato, però, che i vicini della discoteca continueranno a provare fastidio.
Sempre da un punto di vista legale, i vicini non hanno molto da dire, ma il rumore rende nervosi, molto nervosi. e si crea un problema molto complesso con ripercussioni grandi:
- Molte attività con rumorosità entro i limiti legali hanno dovuto trasferirsi, chiudere o ridurre le operazioni per le continue pressioni dei vicini, per esempio con il Comune di residenza, che finisce per dare loro ragione, cambiando zonizzazione.
- Molte famiglie subiscono livelli di rumore fastidiosi a causa di zonizzazioni imperfette.
Qui mi preme fare un appello alla responsabilità da parte di tutti nel considerare il dilemma che esiste tra disturbante e disturbato: un’impresa costretta a chiudere brucia posti di lavoro e genera disagio sociale. ma una serie di famiglie esposte a livelli di rumore fastidiosi non va neanche bene.
Anche tra vicini privati, conviene adottare una posizione obiettiva nei confronti dell’altra parte e cercare una soluzione condivisa. Penso specialmente ai condomini: le persone fanno la doccia, usano il WC e passano l’aspirapolvere. Troppe volte ho visto situazioni fuori dal normale nel quale un vicino si lamenta dello sciacquone del piano di sopra e chiede regole per limitare l’uso dei servizi durante la notte. Mi domando se queste persone abbiano trovato il modo per non fare ciò che fanno il resto degli umani!
Che il lettore sia un disturbato o un disturbante, è necessario mettersi nei panni dell’altra parte e considerare bene fino dove perorare la propria causa.
II.2 – Effetti negativi e positivi del rumore
Tutti siamo preoccupati dal rumore. Delle volte queste preoccupazioni sono legittime, altre sono basate su miti, leggende e paura. Il rumore fa parte della nostra vita e non è per forza un aspetto prettamente negativo.
Il rumore è un avvisatore istantaneo dello stato di ciò che ci circonda. Ci accorgiamo molto velocemente che il condizionatore, la macchina o il nostro computer stanno funzionando male dal rumore che fanno. Una piccola variazione del loro suono abituale ci dice che qualcosa è diverso.
Il rumore inoltre ci protegge da pericoli: per esempio riusciamo a percepire l’auto che arriva anche se non la vediamo perché c’è nebbia. Le automobili elettriche non fanno rumore e diminuiscono l’inquinamento acustico delle città ma le rendono più pericolose: ci sono studi molto obiettivi che dimostrano che è molto più probabile essere investito da auto elettriche che da quelle tradizionali, perché non le sentiamo arrivare. Questo è un chiaro esempio della dualità del rumore in qualità di inquinante ed aspetto positivo.
Il bravo gestore della manutenzione di un impianto conosce bene l’utilità di fare un giro ogni tanto nella fabbrica. Il cervello umano è un computer formidabile ed è in grado di riconoscere piccole diversità nel rumore, percependo difetti delle macchine quando sono in fase iniziali, molto prima del manifestarsi del guasto.
I rumori di casa ci mantengono costantemente informati della situazione, dicendoci che il frigo è acceso, che i bambini giocano, che la lavatrice ha finito o che si è tappato lo scolo della vasca e l’acqua sta versandosi, ecc.
Abbassare il rumore per il puro scopo di avere livelli acustici bassi non è per forza una buona idea, bisogna farlo nella misura giusta. Ogni eccesso verrà penalizzato da costi elevati, da vantaggi inesistenti e dall’insorgere di problemi nuovi, dovuti al troppo silenzio.
D’altro canto, quando ci sono rumori preponderanti rispetto a tutti gli altri, accade più o meno lo stesso. si hanno “informazioni” soltanto su una delle sorgenti ma non sappiamo nulla delle altre.
La conclusione è che bisogna essere equilibrati quando si decide di ridurre il rumore, sia per i costi sia per l’utilità della bonifica.
A seconda dell’intensità e della durata, il rumore può arrecare danni fisici permanenti (sordità parziale o totale) o psicologici e fisiologici.
Esistono anche i danni non permanenti, i quali durano da qualche minuto fino a qualche giorno, dopo la fine del rumore. Quelli più comunic sono sono:
- Mal di testa
- Disorientamento
- Stordimento
- Impossibilità di concentrarsi
- Irritabilità
- Nausea
- Inappetenza
- Stanchezza
- Insonnia
- Mancanza di rendimento nel lavoro o nelle attività quotidiane
Questi sintomi possono essere appena percettibili o molto evidenti, a seconda della sensibilità della persona e dell’intensità del rumore. Insorgono a soglie molto variabili da persona a persona, ma in via di massima si può dire che:
- Si manifestano quando i suoni disturbanti sono almeno 10 o 15 decibel più alti della soglia di rumore che la persona ritiene confortevole (questa soglia cambia molto da persona a persona).
- Più è basso il livello generale di rumore, più bassa diventa la soglia alla quale il disturbo psicologico o fisiologico inizia a manifestarsi.
Per quanto riguarda il pericolo fisico permanente è conosciuta clinicamente la soglia di 85 deciBel (più in basso vedremo cosa sono questi “deciBel”). Se il rumore dura meno di 8 ore ed ha un livello uguale o minore a 85 dB, non arreca danni fisici permanenti a persone sane. Può però generare i problemi psicologici e fisiologici di sopra.
I rumori più intensi di 85 deciBel possono essere tollerati per periodi di tempo sempre più corti rispetto alle 8 ore, senza arrecare danni permanenti, secondo i valori della tabella di seguito:
Livello di rumore | Durata tollerabile |
88 dB | 4 ore |
91 dB | 2 ore |
94 dB | 1 ora |
95 dB | 45 minuti |
105 dB | 5 minuti |
115 dB | 30 secondi |
120 dB | Soglia del dolore |
130 dB | Rottura istantanea del timpano |
II.3 – Il suono
Abbiamo spiegato cos’è un rumore e nel farlo abbiamo parlato di suono ma. cosa è un suono?
Si tratta di oscillazioni veloci della pressione dell’aria, con frequenza compresa tra 20 e 20.000 [Hz]. Queste oscillazioni possono essere interpretate come se fossero delle vibrazioni e tutto quanto visto nei capitoli riguardo le vibrazioni è valido anche per il rumore.
Chiariamo ulteriormente: Non stiamo parlando delle variazioni di pressione dovute al clima, le quali sono molto lente e si svolgono in archi di tempo di ore o giorni. Non sono neanche spostamenti di aria, ma di variazioni di pressione molto piccole, in media circa 3 milioni di volte più piccole della pressione atmosferica.
Queste minuscole variazioni di pressione vengono tecnicamente chiamate “pressione acustica” o “pressione sonora”.
I suoni o il rumore che udiamo sono formati da diverse frequenze accavallate, sovrapposte. Si dice che un suono è acuto quando la maggioranza delle frequenze che lo compongono sono alte (più di 500 [Hz]), mentre si parla di suoni bassi o gravi quando la maggioranza delle frequenze è bassa. Esempi di suoni acuti e bassi li troviamo nella tabella di seguito:
Acuti (alte frequenze) | Bassi (basse frequenze) |
Soprano | Baritono |
Cinguettio di uccellini | Ventilatore |
Avvisatore di retromarcia (“bip-bip-bip”), fischio treno | Sirena da nebbia (navale) |
II.4 – La percezione del suono
Il nostro udito è un apparato molto raffinato, estremamente sensibile. Le variazioni di pressione dei suoni battono su una membrana alla fine del canale dell’orecchio (il timpano), che è una sorta di minuscolo tamburo e lo fanno vibrare. Il cervello trasforma questa vibrazione in un segnale che interpretiamo come “suono”.
Se il rumore è intenso, una serie di ossicini e muscoli fanno tendere il timpano, per farlo vibrare di meno e renderlo meno sensibile. Se il rumore è basso, gli ossicini distendono il timpano che diventa più sensibile.
Questa capacità dell’udito di adattarsi all’intensità del rumore permette alle persone di udire suoni in un campo molto vasto: da 5 miliardesimi fino a 5 millesimi della pressione atmosferica (pari a 0 – 120 dBA). Questo viene tecnicamente chiamato il “campo dinamico” dell’udito ed è enorme! Per fare un paragone: se la lunghezza di 1 cm rappresentasse il suono più debole che riusciamo a percepire, quello più intenso sarebbe lungo 10.000 km!!!
L’udito ha un campo altrettanto esteso con la frequenza: riusciamo a percepire suoni che vanno da 20 fino a 20.000 [Hz]. Se rappresentassimo questo sulla tastiera di un piano, la tastiera sarebbe una volta e mezza quella tradizionale.
Una sensibilità così estesa ci permette di svolgere la nostra vita in ambienti molto diversi e in continuo cambiamento, determina però una perdita di capacità nel valutare quanto intenso è un rumore. in pratica il nostro udito e il nostro cervello ci “mentono” per evitare situazioni non confortevoli o pericolose.
Per complicare ulteriormente la situazione, la sensibilità dell’udito è tale che:
- Quando c’è poco rumore percepiamo molto meglio i suoni acuti – intorno ai 2000 [Hz] – rispetto ai suoni gravi.
- La sensibilità ai suoni gravi, però, aumenta parecchio quando c’è molto rumore.
Quando si misura il rumore ai fini del disturbo o della sicurezza e salute, lo si fa usando la “Scala A”, la quale simula il comportamento dell’udito. Questa scala penalizza le basse frequenze ed è adatta soprattutto per situazioni con poco rumore.
Quando una misura di rumore è stata fatta usando la Scala A lo si indica dopo il livello rilevato in deciBel, per esempio 76 dBA o dB(A).
II.5 – Concentrato di sapere 3 – Il Rumore
- Il rumore è un suono sgradevole o pericoloso per la salute
- Il rumore è molto soggettivo: ciò che per alcuni è piacevole (concerto rock), per altri è rumore.
- Gli umani sono piuttosto bravi a percepire suoni, ma pessimi nel stimare l’intensità degli stessi. La persona media percepisce come “il doppio” un incremento di 3 volte nella pressione acustica.
II.6 – Misurare il rumore
Ricordiamo il paragone di prima: se rappresentiamo il rumore con una lunghezza, quello più lieve che riusciamo ad ascoltare sarebbe equivalente ad un centimetro e quello più intenso 10.000 km. Come fare allora per rappresentare in una stessa scala numeri molto piccoli e molto grandi?
Per esempio, si dovrebbe dire: Il rumore attuale è di 1,125 [Pa] e si deve ridurre a 0,002 [Pa]
Come vediamo, ci sono molti decimali. Basta sbagliare di 0,001 Pa nel fare una misura (0,1% del rumore attuale) e si potrebbe arrivare ad una pressione finale doppia di quella richiesta. Un errore così grande non è tollerabile. Inoltre, non ci si rende facilmente conto che la riduzione richiesta è di ben 562 volte la pressione acustica iniziale!
Se proviamo a fare un grafico della situazione ci si rende meglio conto di quanto sia inadeguato usare le pressioni acustiche:
Il livello da raggiungere è talmente piccolo rispetto a quello attuale, che non si riesce neanche a vedere nello schema.
II.6.1 – Il deciBel (dB):
Per risolvere il problema di rappresentare assieme sia numeri molto grandi che molto piccoli si usano i deciBel, che si abbreviano “dB” e che misurano il “livello” di rumore, anziché la pressione che lo genera. I deciBel di rumore si calcolano usando una formula:
Se non siete appassionati di matematica, non preoccupatevi, i logaritmi finiranno tra qualche linea, prima però vorrei calcolare i livelli di rumore dell’esempio di prima: 1,125 e 0,002 [Pa]. Usiamo la seguente ricetta:
1. Si dividono i due valori per la minima pressione acustica che una persona media riesce a percepire, che è circa quello di una zanzara che vola a 3 m dal nostro orecchio.
- 1,125 ÷ 0,00002 = 56.250. La prima pressione acustica è 56.250 volte più elevata di quella della zanzara.
- 0,002 ÷ 0,00002 = 100. Il secondo rumore fa una pressione acustica 100 volte più elevata della minima soglia percepibile.
2. Si calcola il logaritmo dei due risultati del punto 1:
a. Log(56.250)=4,75
b. Log(100)=2,00
3. Si moltiplicano per 20 i risultati del punto 2 e si ottengono i due livelli di pressione sonora:
a. L1=20 x 4,75 = 95,0 dB
b. L2=20 x 2 = 40,0 dB
Ora possiamo riscrivere il problema iniziale come segue: Il livello di rumore attuale è di 95,0 dB ma deve essere portato a 40,0 dB per rientrare nella normativa.
Sembra una complicazione inutile, invece questa maniera di rappresentare il rumore è più compatta e contiene tutte le informazioni necessarie, basta fare un po’ di pratica nell’interpretazione dei numeri.
II.6.2 – Usare i deciBel:
Se si vogliono fare due torte si moltiplica per due la quantità di farina. Non funziona così con i decibel: se una sorgente di rumore produce 60 dB e se ne aggiunge una uguale, non ci saranno 120 dB.
Quando si sovrappongono i rumori non si sovrappongono le pressioni acustiche, perché le onde che le producono non hanno i minimi e massimi negli stessi istanti.
Come vediamo, la sovrapposizione dei due rumori non produce il doppio della pressione sonora. Invece, si sovrappone l’energia di ogni una di queste onde e l’energia è proporzionale al quadrato della pressione. Si, lo so: vi state annoiando.
Veniamo al sodo: se si hanno due sorgenti da 60 dB, la somma di entrambe fa 63 dB. Già, “soltanto” 3 dB in più. Ma la cosa è ancora più perversa, perché il doppio di qualunque livello di rumore è pari ad aggiungere 3 dB al livello originale. ecco alcuni esempi:
- 50 dB + 50 dB = 53 dB
- 44 dB + 44 dB = 47
- 0 dB + 0 dB = 3 dB (!!!)
Di pari passo, la metà di un livello di rumore equivale a togliere 3 dB dal livello originale.
- La metà di 64 dB è 61 dB
- La metà di 35 dB è 32 dB
- La metà di zero dB è -3 dB.
- Un livello di rumore negativo significa che non può essere udito dalle persone (ma da alcuni animali si).
Con qualche passaggio di matematica si può dimostrare che 3 sorgenti uguali producono un aumento di 5 dB. Una pressione acustica tre volte più grande porta un incremento di (quasi) 10 dB
- Tre sorgenti uguali producono un livello di rumore 5 dB più alto della sorgente singola.
- Cinque sorgenti uguali portano ad un incremento di 7 dB.
- Dieci sorgenti uguali equivalgono a 10 dB in più.
- 20 dB in più significa l’equivalente a 100 volte il rumore originale.
- 30 dB in più significa 1000 volte il rumore originale.
- 60 dB di incremento è pari a un milione di volte il rumore originale.
Ora siamo in grado di confrontare i rumori tra di loro, usando i deciBel. Facciamo un esempio con numeri più o meno reali:
- Quando tutto tace, in una stanza c’è un livello di rumore di 35 dB.
- Quando inizia una conversazione tra due persone nella stessa stanza, il livello sale a 61 dB.
- Quando si accende l’aspirapolvere, assieme alle persone, si raggiungono 75 dB.
La differenza tra la stanza in silenzio e la conversazione è di 61-35=26 dB e può essere interpretata come un primo incremento di 20 dB e un secondo di 6 dB. Usando le regole di sopra, sappiamo che:
- 20 dB significa 100 volte più pressione acustica.
- 6 dB equivale al doppio del doppio della pressione acustica (4 volte).
Quindi la conversazione, che avviene 26 dB più in alto del rumore della stanza tranquilla è di fatto 10 x 2 x 2 = 400 volte più rumorosa della stanza in silenzio!
La differenza tra la conversazione e l’aspirapolvere è di 75-61=14 dB, che possono essere interpretati come 10+4 dB.
- 10 dB di differenza significa 10 volte più rumore.
- Si può calcolare che 4 dB equivale a due volte e mezza più rumore.
L’aspirapolvere fa un rumore 10 x 2,5 = 25 volte il rumore della conversazione. e 10.000 volte più rumore della stanza quando nessuno fiatava!!!
La tabella che segue illustra le differenze in dB e la differenza in pressione acustica:
Differenza di livello | % incremento | Moltiplicatore |
1 dB | 26% | 1,26 |
2 dB | 59% | 1,59 |
3 dB | 99% | 1,99 |
4 dB | 151% | 2,51 |
5 dB | 216% | 3,16 |
6 dB | 298% | 3,98 |
7 dB | 401% | 5,01 |
8 dB | 531% | 6,31 |
9 dB | 694% | 7,94 |
10 dB | 1.000% | 10,0 |
20 dB | 10.000% | 100 |
40 dB | 1.000.000% | 10.000 |
60 dB | 100.000.000% | 1.000.000 |
Con questa tabella si possono fare confronti tra diversi livelli, moltiplicando il valore che si trova nella colonna “moltiplicatore”. Vediamo alcuni esempi:
- Una differenza di livello di 19 dB si può scrivere come 10 + 9 dB che significa 10 x 7,94 = 79,4 volte.
- Una differenza di 34 dB equivale a 20 + 10 + 4 dB, ovvero 100 x 10 x 2,51 = 2.510 volte.
Molto bene, ma. a cosa serve tutto questo? A fare predizioni di come si comporterà il rumore quando si aggiungono o si eliminano sorgenti.
Esempio pratico:
Una fabbrica ha due compressori IDENTICI tra loro. Quando sono accesi entrambi allo stesso tempo, producono un rumore pari a 75 dBA. Quando sono spenti, il rumore ambientale è di 55 dBA. Il limite legale nella zona è 65 dBA e i vicini si sono lamentati, bisogna risolvere la situazione!
Il direttore della fabbrica vede che si devono ridurre 10 dBA per rientrare nella norma. Osserva anche che i due compressori ASSIEME incrementano di 20 dBA il rumore. Decide allora di spostare soltanto UNO dei due compressori, ce la farà a risolvere la situazione?
Evidentemente il direttore della fabbrica non ha letto questo libro! Non ce la farà, ed ecco perché: i due compressori sono IDENTICI, togliendo uno dei due si ridurrà il rumore della metà, ovvero 3 dBA in meno del rumore prodotto dalla somma dei due. Il livello di rumore con un compressore sarà di 72 dB, che è 17 dB più alto di quanto consente la normativa (50 volte oltre la soglia legale).
Il direttore avrà speso soldi per l’intervento di spostare il compressore e non concluderà un bel niente.
II.6.3 – Aggiungere (sommare) sorgenti di rumore
L’esempio di prima ci ha fatto vedere che è molto importante “sommare” decibel in maniera corretta, pena errori clamorosi.
La tabella di prima ci permette di fare calcoli, ma è un processo lungo se si devono considerare molte sorgenti.
Per esempio, un supermercato in centro città vuole installare un frigorifero, un condizionatore e un ventilatore di estrazione e teme che possa oltrepassare il limite di zona. Domanda ai fabbricanti dei tre apparecchi il rumore prodotto da ogni componente e si informa quale è il limite di rumore della zona. Ecco i dati:
Frigorifero | 49 dBA a 3 m |
Condizionatore | 51 dBA a 3 m |
Ventilatore | 52 dBA a 3 m |
Limite legale | 55 dBA |
Notate che ogni apparecchio dichiara un livello di rumore ma anche una distanza, perché se la distanza aumenta diminuisce il rumore e viceversa (questo lo vedremo nel dettaglio più avanti).
Usare la tabella di prima per questo calcolo è in pratica impossibile. Dobbiamo usare una delle seguenti due alternative:
Alternativa comoda e veloce: usare questa pagina |
Alternativa da secchioni: calcolare il valore finale con questa formula:
Qualunque sia il metodo usato avrete trovato che il livello di rumore finale sarà di 55,6 dBA, quindi la norma sarà ecceduta. Il supermercato dovrà utilizzare metodi di abbattimento del rumore, se vuole installare i nuovi apparecchi.
II.6.4 – Togliere (sottrarre) sorgenti di rumore:
In alcune situazioni si devono fare sottrazioni di decibel, per esempio:
Per esigenze produttive, una fabbrica deve spostare un grosso ventilatore dalla parte opposta del terreno dove sorge l’impianto, ma lì ci sono delle abitazioni e si teme di eccedere il livello massimo consentito.
Con un fonometro, un impiegato misura il rumore del ventilatore nella postazione attuale. Misura anche il rumore ambientale con il ventilatore spento e il rumore nel luogo di installazione. Ecco i dati misurati:
Rumore con il ventilatore accesso: | 58 dBA |
Rumore residuo con ventilatore spento: | 50 dBA |
Rumore nel luogo di installazione: | 57 dBA |
Si può installare il ventilatore?
Per prima cosa si deve determinare il rumore che produce il ventilatore da solo, quindi si deve sottrarre l’effetto del rumore residuo dal rumore con il ventilatore acceso: “sottraendo” i 50 dBA residui dai 58 dBA.
Alternativa comoda e veloce: usare questa pagina |
Oppure, se vi piace cimentarvi con i logaritmi, potete usare la formula per la sottrazione di due livelli:
Nel nostro esempio, il rumore che il ventilatore farebbe da solo è di 57,3 dBA.
Considerando che il rumore residuo nel nuovo posto di installazione è di 58 dB, il livello che troveremo dopo lo spostamento del ventilatore sarà di 60,7 dBA. L’applicazione non è fattibile, senza infrangere la normativa.
ATTENZIONE: Non si possono fare sottrazioni tra livelli con differenze minori di 3 dBA. Quando il rumore residuo e quello di ciò che si vuole misurare sono uguali o appena diversi, non c’è possibilità di sapere qual è la contribuzione della sorgente da misurare.
II.7 – Propagazione, riflessione, diffrazione e diffusione del rumore
Prima di passare ai metodi di soluzione del rumore dobbiamo fare un’ultima fatica e vedere come il rumore viaggia nell’aria (e anche nei solidi). Questo ci permetterà poi di agire per ridurlo.
II.7.1 – Propagazione:
Abbiamo visto che il rumore è una perturbazione di pressione. Per esistere, serve un “mezzo”. nel vuoto il rumore non può esistere, perché la pressione e zero. Tutti quei film di avventure spaziali con laser sparati tra astronavi che fanno tanto rumore o il rombo dei motori stellari… beh, mentono! Rovinato un mito?
Il suono può propagarsi anche nei liquidi e potete fare un esperimento divertente: in piscina, chiedete ad una persona di tenere un orologio elettronico subacqueo sotto l’acqua, mentre è acceso l’allarme (bip-bip-bip). Posizionatevi quanto più lontani potete dall’orologio, riuscirete ad ascoltarlo come se fosse vicinissimo dal vostro orecchio. Il risultato dipende da quanto grande è la piscina, quante persone ci sono dentro e quanto si stanno muovendo. ma se è relativamente vuota e calma, riuscirete a percepire bene il suono anche dal lato opposto di una piscina olimpionica.
Anche i solidi sono mezzi di propagazione del rumore, ecco perché nei vecchi film western, gli indiani appoggiavano l’orecchio alle rotaie o al suolo per capire se arrivava il treno o la cavalleria. (Per favore NON provate ad appoggiare l’orecchio alle rotaie, MAI!).
E’ necessario, quando si studiano soluzioni a problemi di rumore, assicurarsi che non si creino passaggi acustici (cosiddetti “ponti”) attraverso le strutture, perché vanificherebbero gli sforzi.
Torniamo alla propagazione del rumore: immaginiamo uno stereo acceso in mezzo ad un terreno in campagna pianeggiante, spoglio e senza ostacoli (case, rocce, avvallamenti o collinette).
Il suono proveniente dallo stereo si propaga in tutte le direzioni, liberamente, senza incontrare ostacoli. Il rumore crea una semi sfera che cresce man mano che ci si allontana dalla sorgente. Una specie di bolla di sapone tagliata a metà dal terreno. Questa è la forma di propagazione del rumore per le sorgenti chiamate “puntiformi”.
Se invece pensiamo al rumore proveniente da un tratto rettilineo di un’autostrada fortemente transitata, la propagazione ha forma di semi-cilindro. Così si propaga il rumore delle sorgenti “lineari”.
Nel propagarsi, il suono può subire una serie di fenomeni che lo modificheranno in intensità, frequenza e direzione di propagazione. Semplificando, esistono tre fenomeni generali: riflessione, diffusione, diffrazione. Eccoli spiegati:
II.7.2 – Riflessione:
Come la luce, quando il suono raggiunge una superficie, può essere riflesso e “rimbalza”. A seconda della superficie che incontra, può essere riflesso totalmente o parzialmente.
Materiali lisci e duri come il vetro, il cemento, la pietra, la plastica ma anche il legno (e il sughero è un tipo di legno), rimandano indietro quasi il 100% del rumore.
I materiali porosi e ovattati, riflettono una quantità minore di rumore, perché parte si “spegne” nel far vibrare le fibre del materiale stesso.
Vale la pena domandarsi perché, se il legno riflette le onde sonore così bene, viene usato così tanto negli auditori. Ci sono due ragioni:
- la prima è storica, in quanto i teatri antichi erano fatti in legno e questa abitudine si è tramandata nel tempo, al punto che se un teatro o auditorio moderno non ha tanto legno viene automaticamente giudicato scadente.
- la seconda è veramente acustica: un buon auditorio ha le pareti che circondano il palcosenico ricoperte di materiale riflettente (legno) per proiettare il suono verso la platea. Questo però non assicura una buona acustica: le pareti laterali, il soffitto e il fondo della platea devono essere ricoperti di materiale assorbente, che per una questione estetica e psicologica si maschera con listelli di legno.
Conoscere i materiali e le loro proprietà di assorbimento ci permetterà più avanti di trattare acusticamente una stanza per ridurre il rumore. Vedremo però che il beneficio di questa tecnica è limitato e molte volte anche costoso.
Ultima osservazione importante ciò che la determina la riflessione o meno dell’onda acustica è la faccia a vista del materiale. Qualunque cosa si trovi dietro la faccia visibile della parete non ha effetto sulla quantità di energia che sarà riflessa. Va tenuto a mente questo aspetto quando si valuta l’assorbimento come soluzione al rumore.
II.7.3 – Diffusione:
Accade quando l’onda sonora investe una superficie di forma angolata, con picchi e valli. Per esempio, le pareti a forma di piramidi che vediamo negli studi acustici.
Nel battere su queste superfici, il suono rimbalza con angoli diversi in tutte le direzioni, rompendo il fascio originale in una serie di fasci più piccoli e “disordinati”.
Questo effetto può essere usato per eliminare punti “caldi” nei quali il rumore si sia concentrato, per effetto di una riflessione troppo focalizzata.
Se la superficie con picchi e valli è inoltre costituita da un materiale che non riflette il 100% del rumore, si ha il duplice effetto di rompere il fascio iniziale e ridurre l’intensità del rumore che ritorna verso la sorgente.
II.7.4 – Diffrazione:
E’ la proprietà del suono di cambiare la sua traiettoria, circondando un ostacolo. Quanto più bassa è la frequenza (suoni gravi), tanto più facilmente il rumore circonderà l’ostacolo. Invece, i suoni acuti (alte frequenze) tirano praticamente dritto e cambiano molto poco la traiettoria.
Questo fenomeno deve essere ben compreso per applicare la tecnica di abbattimento tramite barriere, quelle che spesso vediamo nelle strade (la vedremo in dettaglio più avanti).
Bene, a questo punto abbiamo tutte le armi per affrontare i rumori e dare soluzioni.
II.8 – Soluzioni ai problemi di rumore
Limitare il rumore è sempre un’attività costosa. L’udito umano è molto sensibile e le riduzioni necessarie sono il più delle volte molto forti. Questa guida permetterà di individuare quali sono gli interventi più fattibili ed efficaci per le varie situazioni, per permettere al lettore spendere lo stretto necessario.
Esistono quattro tecniche classiche di abbattimento del rumore, la tabella qui di seguito le elenca dalla più semplice alla più complessa, assieme ad un valore di riferimento del massimo risultato ottenibile nella maggioranza dei casi.
Tecnica | Riduzione massima tipica |
Distanza | 10 – 20 dB |
Assorbimento | 15 dB |
Barriere | 24 dB |
Cabine | 30 – 45 dB |
Se la riduzione necessaria è maggiore di quelle nella tabella, è opportuno sentire uno specialista, perché si tratta di un caso complicato.
II.8.1 – Distanza:
La tecnica è molto semplice: allontanarsi sufficientemente dalla sorgente (o spostarla) per ottenere un livello più basso. Ovviamente non sempre è possibile, ma quando si può, risulta molto semplice ed efficace.
Per le sorgenti puntiformi, ad ogni raddoppio della distanza corrisponde una diminuzione di rumore di 6 dB. Per le sorgenti lineari (per esempio le strade o un tubo dove passa del fluido ad alta velocità), la diminuzione è di 3 dB ad ogni raddoppio di distanza.
Per sapere quanto ci si deve allontanare per ottenere il livello desiderato si può usare questa pagina |
In alternativa si può usare il prossimo grafico, seguendo le istruzioni:
- Nella scala verticale individuare la quantità di dB da ridurre. Per esempio, se il rumore è 75 e si devono raggiungere 60 dB, la riduzione necessaria è 15
- Disegnare una retta orizzontale fino ad incrociare la curva desiderata (azzurra per sorgenti puntiformi e rossa per quelle lineari).
- Scendere in verticale fino alla scala orizzontale. Nell’esempio di sopra, il numero della scala orizzontale è circa 6.
- Moltiplicare il numero della scala orizzontale per la distanza originale tra sorgente e ricevitore. Se per esempio era di 10 m, si dovrà spostare la sorgente ad una nuova distanza di 6 x 10 = 60 m, per avere la riduzione richiesta di 15 dB.
Precauzioni:
- Non spostare la sorgente vicino a pareti, colline o rilievi che potrebbero riflettere il rumore. Stesso criterio deve essere usato se invece si sta spostando il ricevitore: evitare punti vicini a pareti e rilievi.
- Se originalmente la sorgente era vicina a una parete e la nuova posizione non ha una parete, la riduzione sarà maggiore di quella del grafico, anche di 3 – 6 dB più elevata.
- Il grafico tiene conto della distanza in linea retta, se si sposta in verticale la sorgente, si deve tenere conto della differenza di quota
II.8.2 – Assorbimento:
Pensiamo ad un ambiente chiuso, dove esistono una o più sorgenti di rumore, come un capannone con macchinari o una sala di un ristorante con molti tavoli. Un osservatore dentro questo ambiente percepisce il rumore che arriva in linea retta dalle varie sorgenti, ma anche il rumore riflesso che gli giunge in maniera indiretta, rimbalzando prima nelle pareti, pavimento e soffitto.
Se ricopriamo le pareti con del materiale fonoassorbente, che eviti la riflessione del suono, il livello di rumore nell’ambiente diminuirà perché ascolteremo soltanto la parte che arriva direttamente a noi, non i rimbalzi. La tecnica può essere applicata anche se il rumore proviene dall’esterno
Ci sono però una serie di limitazioni all’applicazione di questo metodo:
- Di solito il pavimento non può essere trattato, perché deve rimanere calpestabile. Questo sottrae una grossa fetta di superficie trattabile
- Se le pareti e il soffitto sono grandi, il costo di rivestirle sarà elevato.
- Se ci sono molti accessori vicini alle pareti (mobili, quadri, macchine, quadri elettrici), non si potrà coprire tutta la superficie.
- Le finestre non possono essere ricoperte. Per contro, se una finestra (o una porta) può essere tenuta aperta, questa diventerà l’equivalente ad un materiale assorbente perfetto. La ragione è che il 100% rumore che arriva sulla finestra esce, non c’è riflessione.
- Se l’ambiente era già dotato di materiali assorbenti come mobili in tessuto, tende, cuscini oppure materiali per l’isolamento termico a vista, l’effetto di un’ulteriore aumento della superficie assorbente sarà marginale.
- La riduzione sarà osservabile soltanto quando ci si trova sufficientemente lontani dalle sorgenti. Se la stanza ha molte sorgenti distribuite, per esempio un capannone con molti macchinari, l’effetto sarà limitato perché è molto probabile che – in qualunque posizione ci si trovi – ci sia sempre una sorgente vicina. Il rumore di questa sorgente ci arriverà prevalentemente in linea retta, non con i rimbalzi.
- I materiali assorbenti sono porosi per loro natura, tendono a riempirsi di polvere, segatura, ecc. e questo può aumentare il rischio di incendio. Ci sono delle tecniche per coprire il materiale poroso con uno senza pori ma che garantisce il passaggio dell’onda acustica, per queste applicazioni suggerisco sentire un tecnico esperto.
- Dal punto di sopra si conclude che non si può e non si deve mettere un pannello rigido e liscio davanti al materiale assorbente: in questa maniera si vanifica l’applicazione.
- Inoltre, i materiali acusticamente assorbenti sono efficaci alle alte frequenze (suoni acuti), ma perdono questa facoltà assorbimento alle basse frequenze (suoni bassi).
In via di massima, la miglior resa si ottiene in ambienti con pareti molto lisce e dure (riflettenti) e quando i rumori sono sibili, sfregamenti o urti tra metalli. In queste condizioni, trattare una superficie relativamente piccola porta a un buon risultato. Ecco alcuni criteri di fattibilità:Il massimo abbattimento possibile, nelle migliori condizioni è pari a 15 dB. Se si richiedono abbattimenti maggiori, non conviene spendere soldi in pannelli acustici ed è meglio impiegare altre tecniche.
Se servono meno di 15 dB di riduzione, si può calcolare l’effetto di ricoprire la superficie utile che abbiamo, seguendo questa “ricetta”:
- Misurare quanti metri quadri di superficie possiamo ricoprire con materiale fonoassorbente. Chiameremo questo numero “S“
- Misurare la quantità totale di superficie dell’ambiente. Si deve contare ogni parete, il soffitto e il pavimento. o Se ci sono già superfici che hanno del materiale acustico o finestre che restano SEMPRE aperte, sottrarremo questa quantità dalla quantità del punto precedente, ottenendo il valore “A“
- L’abbattimento MASSIMO possibile si calcola con questa formula:
NOTA: Se la formula da un risultato maggiore a 15 dB, usare 15 al posto del risultato. Tenete presente che calcolare con esattezza quanti metri quadri ricoprire e il tipo di materiale più adatto, richiede per forza l’ausilio di un professionista.
II.8.3 – Barriere:
Sono pareti o altri ostacoli che si piazzano tra la sorgente e il ricevitore. Si usano prevalentemente all’esterno, ma possono aiutare anche all’interno, purché usate in congiunzione con la tecnica dell’assorbimento.
Come abbiamo visto, il rumore può circondare gli ostacoli per effetto della diffrazione, si deve allora costruire una parete con lunghezza e altezza tali che si crei una “zona d’ombra” nella posizione del ricevitore.
Per garantire che l’effetto della barriera sia sufficiente, è necessario che questa copra completamente la visuale delle sorgenti di rumore. Detto in altra maniera, se dal ricevitore si può scorgere una sorgente di rumore in linea retta ai bordi o sopra la barriera, l’attenuazione sarà limitata. Molte volte vedo barriere stradali completamente sbagliate perché di lunghezza troppo piccola: dalle abitazioni che si vuole proteggere non dovrebbe essere possibile vedere le automobili.
Una conseguenza dell’uso delle barriere è che il rumore aumenta dal lato della sorgente, perché riflesso dalla barriera. L’incremento di rumore dal lato della sorgente è di circa 3 dB e può essere limitato se si usa materiale assorbente in questa faccia.
L’efficacia della barriera aumenta se la sorgente e il ricevitore sono vicini ad essa e quando il rumore è piuttosto acuto. Per contro, più separati sono ricevitore e sorgente dalla barriera e in presenza di rumori di bassa frequenza (gravi) le barriere sono meno convenienti. Raramente si riescono ad ottenere attenuazioni maggiori a 24 dB con le barriere, se fosse necessaria un’attenuazione maggiore è meglio sentire un esperto.
Il calcolo preciso di una barriera è molto complicato, ma questa pagina permette di fare una stima di fattibilità. |
In alternativa si può usare il grafico in basso, secondo le indicazioni del prossimo esempio.Esempio, un compressore si trova a 15 m da una casa e i residenti si lamentano del rumore. Si propone una barriera alta 3,5 m, posta a 10 m dall’emittente. Si vuole ottenere una riduzione di almeno 10 dB, è fattibile?
1. Si devono calcolare le distanze indicate nella parte bassa del grafico.
- A è la distanza tra la sorgente e la sommità della barriera. Per questo esempio, A=10,6 m.
- B è la distanza tra la sommità della barriera e il ricevitore. Per il nostro caso, B=6,1 m.
- D è la distanza che congiunge in linea retta sorgente e ricevitore. D=15
2. Si calcola la quantità A+B-D e si segna nella retta verticale di sinistra. A+B-D=1,7 m
3. Si traccia una retta tra il punto di cui sopra con il valore di 8000 [Hz] nella retta centrale, prolungandola fino alla retta di destra. Il valore nella retta di destra è la riduzione di rumore per suoni di 8000 [Hz] (acuti). Nel nostro caso, la riduzione sarebbe oltre 24 dB, ma per essere prudenti ci fermeremo a 24 dB.
4. Si ripete il passaggio precedente ma con il valore di 63 [Hz] nella retta centrale. Il valore nella retta di destra è la riduzione di rumore per suoni di 63 [Hz] (bassi). Per i dati che abbiamo, questo valore è di 8 dB Non abbiamo dati di quale è la frequenza del rumore del compressore, ma vediamo che il minimo che possiamo ottenere è 8 dB. Visto che volevamo almeno 10, dovremo fare una barriera più alta. Come compito per casa potete verificare che una parete di 5,5 m garantisce il risultato.
Alcune cose da tenere a mente:
- Nell’esempio ci siamo “dimenticati” di considerare l’altezza della sorgente e del ricevitore sul terreno. Questa altezza dovrà essere aggiunta all’altezza della parete.
- La parete deve essere massiccia, fatta con materiali pesanti come il cemento, mattoni, pietra o acciaio. Deve pesare almeno 15 kg/m2. Se è troppo leggera, il rumore l’attraverserà, come se fosse “trasparente”. Per questo le siepi, le file di piante o alberi, le staccionate, non sono utili come barriere acustiche.
- Lo spessore della parete non deve essere troppo grande. Indicativamente 20-30 cm.
- La barriera deve coprire completamente la sorgente e non può avere fori, porte o finestre aperti.
- La barriera deve essere lunga almeno 3 volte la sua altezza. Nel nostro esempio, servirà una barriera lunga 16,5 m.
- Usando il grafico si individua una barriera più grande del necessario, per la maggioranza dei casi. Se la barriera che risulta è molto grande e costosa, è meglio cercare l’assistenza di un esperto del settore.
- Il metodo funziona SOLTANTO per le sorgenti puntiformi. Se la sorgente è lineare, come per esempio una strada, il metodo fornisce un risultato sbagliato.
- Per ridurre l’incremento di rumore dal lato della sorgente si può ricoprire quella faccia con materiale acustico, con i criteri visti nella sezione dedicata all’assorbimento.
II.8.4 – Cabine acustiche
Questa tecnica rappresenta l’ “arma di distruzione di massa” delle bonifiche acustiche, perché ha un potere di abbattimento del rumore molto elevato, anche oltre i 45 dB (ovvero oltre 30.000 volte meno rumore!). Le barriere calcolate da esperti possono attenuare anche 60 dB: un milione di volte meno rumore!
Semplificando, la tecnica consiste nel costruire una “scatola” o una stanza all’interno della quale si trova la sorgente o il ricevitore. Il principio di funzionamento è quello di bloccare la propagazione del suono mediante le pareti, che devono essere fatte con materiali pesanti.
Se la cabina è rialzata, anche il pavimento deve essere costruito con materiali pesanti. Naturalmente, la sfida è quella di fare delle pareti di peso giusto. Se sono poco pesanti, la riduzione richiesta non sarà raggiunta, se sono troppo pesanti costeranno più del dovuto.
Speciale attenzione deve essere posta alle porte e finestre, le quali devono avere di caratteristiche acustiche simili alle pareti e tetto. E’ inutile fare delle pareti perfette e permettere che il rumore esca da qualche apertura alla quale non si è prestata attenzione.
Come procedere? Per riduzioni maggiori a 30 dB conviene affidarsi a operatori esperti. Se però la riduzione necessaria è di 25-30 dB si può provare ad arrangiarsi in questa maniera:
- Si possono usare pannelli fonoisolanti prefabbricati per realizzare le pareti e il tetto della cabina.
- E’ conveniente togliere 5 dB al valore dichiarato dal fabbricante di pannelli, per considerare imperfezioni di costruzione e montaggio, che sono quasi sempre inevitabili.
- Le porte devono essere fatte con lo stesso materiale usato per le pareti o devono essere porte acustiche di pari attenuazione a quello delle pareti.
- Un carpentiere realizzerà il telaio dove alloggiare i pannelli per realizzare le pareti, il tetto e le porte. Alcuni fabbricanti di pannelli vendono i profili prefabbricati per il montaggio.
- Tutte le giunture e i battenti di porte e finestre dovranno avere guarnizioni per evitare che il rumore possa uscire.
- Aggiungere materiale acustico (fono assorbente) nell’intercapedine di pareti in muratura è completamente inutile. Ha una valenza soltanto se si tratta di pareti relativamente leggere (cartongesso, pannelli termici, ecc.).
Sulla base del punto 6 di sopra, si può trarre una conclusione importante riguardo le pareti che dividono due locali, per esempio due abitazioni, due uffici, due stanze: molte volte si da un’importanza inutilmente alta alla presenza di materiale acustico nell’intercapedine delle pareti divisorie. La realtà è che, quando le pareti sono fatte in muratura, il loro peso è già sufficientemente elevato da determinare un buon ostacolo per il rumore. I materiali fonoassorbenti sono in gerere leggeri, quindi non aggiungono massa considerevole alla parete divisoria. Oltretutto, non sono efficaci nell’abbattere il riverbero che si crea tra le due pareti, e non essendo a vista, non migliorano la riflessione in nessuno dei due locali. Soldi sprecati!
ATTENZIONE: Si deve stare molto attenti a chiudere tutti gli spifferi, perché una piccola porzione aperta può rovinare completamente il lavoro. Si possono perdere tanti soldi se non si fa attenzione!
C’è un altro aspetto da considerare: molte applicazioni hanno bisogno di ventilazione e di bocche di entrata e uscita per il materiale. Per evitare di fare uscire tutto il rumore da queste aperture bisogna dotarle di silenziatori, che sono degli accessori che permettono il passaggio di aria ma che evitano che il rumore li attraversi.
I silenziatori devono essere selezionati sulla base delle portate d’aria, della dimensione della bocca e della riduzione di rumore necessaria. Esistono diversi fabbricanti di silenziatori e normalmente sono i primi interessati a fornire assistenza per la selezione e montaggio degli stessi.
NOTA: Contrariamente a quanto si può pensare, i silenziatori sono necessari sia all’uscita che all’entrata dell’aria di ventilazione. La ragione è che il rumore viaggia a oltre 1200 km/h, nessun ventilatore può muovere l’aria così velocemente da “spazzare via” il rumore!
II.8.5 – Soluzione ai problemi di “rumore psicologico”:
No, non si tratta di rumore immaginario. ma come abbiamo spiegato prima, ci sono situazioni nelle quali i limiti legali non si eccedono, ma comunque vi è un disturbo importante. Solitamente questi problemi si creano quando una o più delle seguenti cause sono presenti:
- Ricevitore molto sensibile
- Condizioni mediche particolari
- Sbalzi molto elevati del livello di rumore nell’arco della giornata (minimi molto bassi e massimi molto alti)
- Rumori impulsivi (scoppi, urti, campane).
- Rumori intermittenti, per esempio un macchinario che si accende e si spegne ripetutamente nella giornata · Funzionamento di apparecchiature durante la notte
- Presenza di tonalità molto definite (fischi, sirene, ventilatori, per esempio)
In questi casi succede spesso che il rumore residuo è molto basso. Agire per limitare ulteriormente il rumore, con barriere, assorbimento o le altre tecniche viste, potrebbe PEGGIORARE la situazione! Abbassando ancora il rumore residuo, anche se attenuato, quello disturbante può diventare ulteriormente identificabile e ancora più noioso.
Conviene mascherare il suono fastidioso con altri suoni piacevoli. Sembra una soluzione di ripiego, ma in realtà è una tecnica molto raffinata, che usata con intelligenza migliora in maniera molto sensibile il confort.
I suoni tipici che possono essere utilizzati per mascherare sono:
- Fontane e cascate decorative. L’acqua in movimento crea un suono piuttosto elevato ma che il cervello umano trova estremamente piacevole e rilassante.
- Ventilatori. Si può risolvere il problema di rumore e allo stesso tempo migliorare il confort termico. Molte abitazioni sono condizionate e riscaldate molto male, con differenze di temperatura notevoli da stanza a stanza. I ventilatori (quelli di buona qualità) creano soltanto il rumore dell’aria che si muove, che le persone reputano piacevole e rilassante, come l’acqua.
- Musica di sottofondo. La migliore è quella strumentale, senza parole. Il volume da impostare deve essere trovato per tentativi, fino a quando il disturbo diminuisce o sparisce.
- Rumore bianco. Questa è una soluzione un po’ più tecnica delle altre, in quanto viene usato e diffuso un tipo particolare di suono denominato “rumore bianco”. E’ il suono che si può sentire quando si sintonizza una radio in una frequenza senza emittenti, che è simile ad un fruscio. Questo link mostra un esempio. Il rumore bianco è particolarmente efficace per conciliare il sonno ed è stato dimostrato che fa rilassare sia bambini che adulti.